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Ci prendiamo cura della nostra città. Manifesto per il Giubileo

Ci prendiamo cura della nostra città.

Manifesto dei cittadini e dell’associazionismo per il Giubileo

È nel 1998, in occasione dell’Anno Santo Giubilare del 2000, che fu costituito con un’iniziativa promossa da associazioni, comitati, cittadini attivi, un Coordinamento di Terzo Settore per il Giubileo.
Fu così che centinaia di associazioni si confrontarono, elaborarono documenti, avanzarono proposte alle Istituzioni, alle autorità religiose, alla Agenzia per il Giubileo (costituita per l’Anno Santo) e che, durante il Giubileo del 2000, si realizzarono concrete collaborazioni.
Il Coordinamento chiedeva che, a fronte dei preannunciati settecento cantieri di grandi opere per la città, ci fosse l’apertura di altrettanti cantieri sociali e culturali per Roma.
Si proponeva che non fossero realizzate solo grandi opere ma che fosse incoraggiata e finanziata una nuova cultura della solidarietà e del sociale in grado di affrontare il disagio, ogni disagio, evitando l’assistenzialismo da emergenza. Il Giubileo – affermava il coordinamento in diversi documenti – deve e può rappresentare l’occasione per sancire un patto tra la città e il terzo settore, tra chi amministra la “cosa pubblica” e i “capillari attivi” (così vennero definiti i partecipanti al Coordinamento del Terzo Settore) che vivono e agiscono quotidianamente a Roma.

Buona parte dei temi e delle proposte di allora sono ancora oggi attualissimi e aggravati dalla crisi dalla quale si stenta ad uscire. La città si è incattivita, è più chiusa in se stessa, le povertà sono cresciute riempiendo le mense sociali. Le occasioni di lavoro non crescono e la forbice tra le generazioni si é allargata così come la distanza, che rischia di divenire incolmabile, tra cittadini e Istituzioni. Se la risposta sarà delegata all’ordine pubblico i problemi e le reazioni rischiano di aumentare allargando la frontiera dei conflitti.

Con altrettanta chiarezza va detto che la presenza di milioni di pellegrini e visitatori inciderà sulla quantità e qualità dei servizi pubblici – trasporti, sanità e rifiuti che già sono in sofferenza – entrando in rotta di collisione la comunità cittadina e con il nostro vissuto quotidiano.

Oggi a pochi mesi dal Giubileo voluto da Papa Francesco – che sarà un evento fortemente pastorale, segnato dal “decentramento romano” con la possibilità di essere celebrato anche nelle chiese e nei luoghi periferici del mondo – i temi sollevati e non affrontati quindici anni fa possono essere in parte risolti con una rinnovata capacità di incontro, ascolto, coinvolgimento della società civile sana e delle forze attive della città. Anche alla luce della crisi morale e politica che ha investito la nostra città, Il Giubileo della Misericordia deve diventare un anno di rinascita culturale, in cui le Istituzioni tornino a svolgere il ruolo di rappresentanza dei cittadini con un nuovo passo, una nuova e concreta azione di promozione e stimolo di partecipazione e socialità. Si deve passare dall’annuncio del “faremo” alla programmazione del giusto, urgente e necessario. La politica deve tornare ad essere punto di riferimento per la sicurezza, la trasparenza e la legalità, nell’interesse generale e non per gli “affari di pochi”.

“Non occorrono grandi opere ma misure che resteranno anche dopo l’Anno Santo”. Lo dicono il Sindaco Marino e il presidente Zingaretti, traduciamolo allora in fatti. Memori di quanto è accaduto per altri grandi eventi di rilevanza mondiale siamo certi che un “serio piano per Roma, città metropolitana si potrà realizzare solo con una significativa partecipazione della nostra Comunità cittadina resa consapevole con iniziative visibili del volontariato, dell’associazionismo, dei cittadini attivi, delle imprese sociali che ogni giorno promuovono la sussidiarietà, spesso sostituendosi e/o coprendo assenze e ignoranze delle Istituzioni.

È tempo di ricostruire dopo gli anni dell’abbandono della città e della corruzione. Un’occasione che non può scivolarci addosso.

L’Anno Giubilare sia anche il tempo del ripensamento su diverse questioni che spesso impediscono partecipazione, programmazione, lavoro, accessibilità, trasparenza e legalità. Si esca da questa situazione difensiva e subalterna e si passi ad una modalità nella quale siano riconosciuti e premiati impegno, sperimentazioni, creatività e lavoro di contrasto al disagio. Occorre riconoscere il valore dei beni relazionali (cultura, assistenza, solidarietà, tempo libero, formazione), il valore e il capitale sociale prodotti che si declinano con la qualità della vita e con la giustizia sociale partecipando alla elaborazione di un modello di sviluppo in cui i profitti sociali, rappresentati dallo star bene, devono divenire parte tangibile delle Politiche delle nostre Amministrazioni.

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